giovedì 20 luglio 2017

Sa perda manna de bia is perdas

Spesso i più grandi tesori si trovano sotto gli occhi di tutti da sempre, ma nessuno (o in pochi) riescono a vederli e ad apprezzarne il valore. Serramanna ed il suo territorio circostante, sono ricchi di tesori ignorati e mai valorizzati. Sconosciuti e inesistenti praticamente per tutta la popolazione, se ne stanno fermi e muti da millenni, ad aspettare che qualcuno si accorga "veramente" della loro
esistenza, restituendogli la giusta importanza che meritano. Così può capitare che, ciò che per tutti è semplicemente una pietra di notevoli dimensioni, per occhi che guardano oltre la semplice apparenza sia invece un menhir di grandissima importanza archeologica. In un paese che da sempre vive di agricoltura, le grosse pietre che occupano spazio all'interno di un terreno, disturbano. Purtroppo, quando è stato possibile, sono state rimosse dal loro sito originario, spesso diventando materiale di costruzione per chiese e case oppure ornamento di cortili privati. Solo gli esemplari più
grandi, troppo difficili da spostare, sono rimasti al loro posto, continuando a essere testimoni silenziosi di infinite albe e tramonti. Eppure, nonostante alcuni di questi megaliti preistorici siano arrivati sino ai nostri giorni, pochi serramannesi sanno che esistono, pochissimi li hanno visti, quasi nessuno sa cosa siano o cosa potrebbero essere.
La più invisibile e silenziosa di tutte, si trova nella strada di campagna "Bia is perdas"(e già il nome della strada dovrebbe dare un'idea di cosa potesse esserci in passato e cosa ora non c'è più...) A differenza degli altri menhir presenti nel territorio di Serramanna, non è un lungo monolite. Più bassa e tondeggiante, con una facciata rovinata in tempi recenti dal fuoco, agli sguardi distratti presenta una sola vistosa coppella. Al momento del tramonto però, sulla parte superiore di quella "perda fitta", accade una strana magia
che lascia a bocca aperta: tante piccole coppelle, accese dal crepuscolo, compaiono all'improvviso, formando un disegno dal significato misterioso. Alcune delle persone che hanno avuto la fortuna di vederla da vicino, toccarla e ammirare le piccole coppelle, concordano su un'ipotesi che la rende
ancora più preziosa. Il disegno che formano le coppelle, fa pensare ad una costellazione. Come se i nostri padri lontani, abbiano fissato sulla pietra le stelle che illuminavano le loro notti. Una mappa del cielo di migliaia di anni fa. La sua forma ricorda addirittura un "Omphalos". Questa parola di origine greca significa ombelico. Centro. Il centro sacro. Pare che tantissime culture megalitiche rappresentassero il divino (ciò che sta in cielo) che si fondeva con la Terra proprio con una grande pietra tondeggiante scolpita. I loro dei che
vivevano in cielo erano sempre accanto a loro sulla Terra, nell' "Omphalos" sacro che veneravano. Una pietra tondeggiante... Tondeggiante come un uovo. Ed ecco che tornano in mente gli antichissimi miti greci, cinesi, indiani che, ognuno a modo suo, raccontano che tutto il creato,
l'intero universo, nacquero proprio da un grande uovo. L'uovo cosmico. Possibile che anche gli abitanti di Serramanna di migliaia e migliaia di anni fa, venerassero il loro dei arrivati dal cielo e si tramandassero il ricordo della creazione, onorando l'enorme pietra sacra chiamata "Saperda manna" o " Ayaya manna"? Teoria azzardata e fantasiosa? Questo forse non lo sapremo mai con certezza, ma una cosa è sicura: a Serramanna ci sono molti tesori dimenticati. Il misterioso passato del nostro paese, da migliaia di anni sta aspettando di essere riscoperto, valorizzato e restituito all'intera comunità. E' arrivato il tempo di guardare con altri occhi ciò che ci circonda e accorgerci che la nostra storia è proprio lì, in quelle pietre che sembrano silenziose solo perché noi non ne abbiamo mai ascoltato la voce.

F. Murgia

sabato 15 luglio 2017

Oleolito di lavanda













 
I fiori, le piante e le erbe che raccogliamo durante le nostre passeggiate in campagna, a seconda delle loro virtù e proprietà possono avere molteplici utilizzi. In questo periodo, per esempio, é ancora possibile imbattersi in qualche cespuglietto di lavanda, oppure ce l'abbiamo in cortile e aspetta solo di essere utilizzata. Possiamo usarla per fare dei mazzetti da tenere nelle stanze per profumare e decorare l' ambiente, oppure possiamo provare a produrre un po' di oleolito.
Per fare l' oleolito occorre davvero molto poco: i capolini dei fiori, olio (possibilmente extravergine d'oliva, ma l'importante é optare per un olio che non irrancidisca in fretta) ed un barattolo di vetro. Dopo aver raccolto i fiori lasciateli asciugare per qualche giorno, in modo che perdano l'acqua in eccesso. Riempite il barattolo con i fiori e ricopriteli d'olio fino a due centimetri dall' orlo. Il barattolo va chiuso ermeticamente e conservato il un luogo buio. Una volta al giorno, dovrete scuoterlo un po', per evitare che i fiori ammuffiscano facendo irrancidire l'olio. Dopo 30/40 giorni colate l'olio e imbottigliatelo, possibilmente in una bottiglia di vetro scuro e conservatelo al buio. Potrete utilizzare l'oleolito di lavanda come olio da massaggi, per ammorbidire e profumare la pelle, come ingrediente per gli unguenti. Comunemente si dice che sia utile in caso di ustioni, ferite, piaghe e che dia sollievo in presenza di punture d'insetti ed eritemi solari.



giovedì 13 luglio 2017

Serramanna ed i suoi nuraghi dimenticati


 Quando nel 1916, subito dopo la fine della prima guerra mondiale, il soprintendente agli scavi archeologici della Sardegna, Antonio Taramelli, invitò tutte le autorità locali a comunicare se nel loro territorio ci fossero reperti del passato, l'allora sindaco di Serramanna, G. Mascia, gli rispose che "Il territorio di questo comune è tutto posto in pianura e non ha alcun bel punto di vista degno di nota, come non vi ha alcun nuraghe ne altro che possa interessare un visitatore intelligente". da allora, sono passati 100 anni, ma davvero poco è cambiato. Sono davvero in tanti infatti ad essere convinti che per via dell'assenza di alte colline la costruzione delle antiche torri sia stata impossibile. In realtà, invece, il territorio serramannese è ricco di testimonianze di attività umana sin dal neolitico e anche le tracce della presenza di nuraghi sono numerose.
Pare che le antiche civiltà vissute in Sardegna prima di noi, quando dovevano realizzare le loro opere megalitiche, scegliessero luoghi nei quali la Terra sprigionava un'inconsueta forza. Tuttora, negli antichi siti archeologici della nostra isola, si possono percepire particolari vibrazioni ed in tanti si recano in quei luoghi in cerca di “energia”. Gli oltre 8000 nuraghi sparsi in giro per la Sardegna vennero, inoltre, costruiti in punti dai quali potevano essere avvistati almeno da altri due. Pare che ogni tre chilometri quadrati ce ne fosse uno. Questo avveniva in tutta l'isola, sia che si trattasse di una zona montuosa, collinare o, come nel caso di Serramanna, in pianura. Una cinquantina d'anni fa, con l'arrivo di trattori e aratri moderni, dal terreno cominciò a saltar fuori di tutto: tombe, grandi sarcofagi, anfore, menhir... e nuraghi. I reperti ancora visibili sono pochi. Però ci sono. Tanti! Oltre al nuraghe "Santa Maria" i cui resti sono sepolti sotto l'omonima chiesetta campestre, infatti, pare che in un passato lontano ci fossero almeno altri 6 nuraghi sparsi nelle campagne di Serramanna: Nuraghe Santa Luxeria, Nuraghe Bruncu Gattus, Nuraghe S’isca Matta Manna, Nuraghe Su Muntonali, Nuraghe di Bia Munistei e Nuraghe Piscixeddu. Antichi cerchi di grandi massi dei quali non si è compresa l'importanza storica e culturale. La maggior parte delle pesantissime pietre ritrovate, sono state spostate dal loro sito originario. Alcune sono diventate muretti di recinzione, altre, ovili, altre ancora vennero impiegate nella costruzione di case o chiese. In qualche caso, qualcuno le ha abbandonate ai bordi delle strade di campagna, talvolta in compagnia di macerie e spazzatura. Se prima non si capiva l'importanza di certi ritrovamenti, oggi le cose sono un po' cambiate, ma purtroppo in troppi sono convinti che non ci sia più niente da trovare. Il ricordo degli insediamenti nuragici serramannesi, si sta perdendo nel silenzio. Non ci sarà mai una campagna di scavi per riportare alla luce antichi resti sepolti dalla terra. L'esistenza di nuraghi a Serramanna, forse, resterà per sempre solamente una leggenda metropolitana sussurrata senza far troppo rumore, senza che nessuno dia alla cosa l'importanza che meriterebbe.
(Francesca M.)


La Ruta

Tra le tante specie di erbe spontanee nelle quali é possibile imbatterci nel corso delle nostre passeggiate in campagna, c'é la Ruta o, in sardo, Arruda. É una specie comune in Sardegna. Il fiore, dai caratteristici petali sfrangiati e gialli, emana un caratteristico intenso e aromatico odore. Un tempo, era immancabile nei giardini delle case, anche perchè si credeva che " Innoi crescidi custa mattixedda arribbada a d' abbisittai s' angelu assumancu u otta a sa dì"(Dove cresce questa piantina, arriva a far visita l'angelo almeno una volta al giorno). Nel campo erboristico è conosciuta per le sue proprietà emmenagoghe, sedative, digestive, carminative e vermifughe. Pare che lenisca i crampi e attenuingli stati dolorosi. Le nostre nonne conoscevano la ruta molto bene e la usavano per curare i bambini che non crescevano abbastanza. Con piglio deciso, allora, li curavano con quella che era conosciuta come "sa mexina de s'ossura": corpargevano la schiena con olio d'oliva e ruta poi, sulle vertebre, posizionavano dei batuffoli di canapa unti di quest'olio. Si terminava massaggiando con forza verso l'alto dell'osso sacro. Sempre con questo particolare fiore, curavano anche "is ogus mausu" e " sa bucca maba". La cura consisteva nel far masticare ad un bambino un pò di ruta e sputtachiare nella parte malata un pò di saliva con la ruta. Se il bambino che doveva praticare la cura era diventato orfano ancor prima di nascere, era considerato "profettosu" e si riteneva che potesse curare anche solo con la sua saliva, in quanto si credeva fosse benefica.


IPERICO, (Hypericum perforatum) nota anche con il nome di "SCACCIADIAVOLI",


In passato veniva appeso, a piccoli mazzi, sopra le immagini sacre, nella convinzione di allontanare così gli spiriti maligni dalle case.
L'iperico viene usato per via topica per le sue proprietà antinfiammatorie cicatrizzanti e antisettiche.
A livello sistemico si usa per le proprietà rasserenanti, calmanti degli stati ansiosi e antidepressivi.

Iperico - Hypericum perforatum – Fror ‘e santa maria o santu Juanni



Anche questa è un’erba che accompagna l’uomo dalla notte dei tempi, veniva ritenuta un’erba potentissima, si diceva :“No teidi abbisongiu de essi abbrebada”, per manifestare le sue virtù non ha bisogno del verbo, della preghiera. E’ una delle erbe più usate contro il malocchio, comunque sempre in compagnia di altre erbe, diverse erano le modalità di utilizzo. Una di queste Sa retzetta consisteva in una piccola borsa di stoffa in cui venivano messe le erbe. Al posto della borsa, come contenitore, venivano usate anche delle canne. Queste poi venivano appese al collo se dovevano proteggere una persona o nell’uscio di casa se da proteggere erano le persone che vi dimoravano e i loro beni.
La medicina popolare attribuiva all’iperico proprietà digestiva, depurative del sistema circolatorio e in particolare di quello urinario, antidepressive, disinfettante e cicatrizzante nelle ferite, piaghe e scottature.
Liquore digestivo di iperico, ingredienti: 60 g di fiori di iperico, la scorza di 2 limoni, 50 g di miele 1 litro di acquavite. Preparazione: in un contenitore ermetico mettere l’acquavite, la scorza dei limoni e i fiori di iperico, chiudere e lasciare riposare per 30 giorni. Passato questo periodo filtrare, aggiungere il miele mescolando con cura, mettere in bottiglia e lasciare riposare per altri 60 giorni. Si assapora dopo i pasti in quanto ottimo digestivo.

Rituale con lavanda e rosmarino per la puerpera

Fra i rituali delle nostre nonne che per via dei tempi moderni sono stati abbandonati, questo, molto interessante, riguarda la puerpera e il figlio. Si utilizzano lavanda e rosmarino. Le erbe vengono immerse in una "scivedda" piena d'acqua il giorno che nasce il bambino e tenute fino a che la purpera si alza per la prima volta dal letto. Allora, chi l'ha aiutata a partorire bagna la testa della asperhe con l' acqua le pareti e il pavimento della casa e poi bagna il capo della mamma e del bambino. Infine prende i rametti di lavanda e rosmarino e li depone sul pavimento nel punto in cui la mammma, alzandosi dal letto per la prima volta, metterà i piedi. Il rituale era di buon auspicio per il bambino e la mamma sia per la salute sia di prospera vita.

Il fiore della vita

Sapevate che su un muro esterno della chiesetta campestre di Santa Maria a Serramanna, in bella mostra accanto ad una porticina laterale, è scolpito un simbolo sacro molto antico? Nonostante si trovi in un luogo molto frequentato dai serramannesi, in pochi hanno avuto modo di ammirarlo. E' una cosa strana, ma l'essere umano raramente osserva con attenzione ciò che da sempre si trova davanti ai suoi occhi, così, il Fiore della Vita di Serramanna, pur essendo visibile a tutti, se ne sta indisturbato a guardare il trascorrere dei secoli, senza che la comunità si accorga di lui e se ne chieda il significato.
L'antichissimo simbolo, del quale esistono tracce nelle culture di tutto il mondo, ha moltissimi nomi: “Fiore della Vita”, "Rosa dei pastori", "Rosa carolingia", "Rosa celtica", "Stella fiore", "Stella rosetta", "Sesto giorno della Genesi". Sono state ritrovate incisioni che lo rappresentano all'interno di templi pagani, chiese cristiane, accanto a portali, serrature, culle per neonati. Pare che per i Celti, questo disegno realizzato con la rotazione di sei cerchi, rappresentasse la potenza generatrice del sole ed era per loro un simbolo di protezione, propiziatore di una vita fortunata e che avesse il potere di tener lontano il male e far guarire dalle malattie. Era un simbolo utilizzato dai Cavalieri Templari e per molte culture simboleggiava la Creazione: veniva chiamato "Sesto giorno della Genesi" proprio perché i suoi 6 petali corrispondono ai 6 giorni impiegati da Dio per la Creazione del mondo. Viene accomunato anche alla "Ruota della Vita"(antico simbolo dell'alternarsi delle stagioni) ed era inciso sia nel Sigillo di Re Salomone che nello Scudo di Re Davide. Per gli Ebrei era una rappresentazione dell'Albero della Vita, l'albero che Dio aveva messo nel paradiso terrestre accanto all'Albero della conoscenza de Bene e del Male.
Non sappiamo l' esatto significato che i serramannesi dell'anno Mille attribuivano al Fiore della Vita, ma certamente è stato scolpito su quel muro a protezione della comunità che ha costruito quel luogo sacro e, nonostante le alluvioni, i restauri, gli anni, le mode e la tinta che lo ricopre, continua a vigilare sulla sorte del nostro antico paese.
(F. Murgia.)

Lavanda


Anche a Serramanna è in corso la raccolta della lavanda.
Questo profumatissimo fiore dal colore compreso tra l'azzurro ed il lilla, ha tantissime proprietà benefiche. Sin dall'antichità era utilizzata per profumare l'acqua destinata a detergere il corpo ed era un rimedio per combattere la nausea, il singhiozzo ed i dolori intestinali.
Oggi il suo olio essenziale, diluito in olio d'oliva, si usa per curare scottature, infiammazioni della pelle, per alleviare il prurito dato dalle punture delle zanzare, alleviare il mal di testa, eliminare porri e verruche. l'olio spalmato sul corpo è utile per i massaggi e contro i dolori reumatici.Qualche goccia nell'acqua, può essere vaporizzata nelle stanze per profumare e rinfrescare l'ambiente, oppure, spruzzata direttamente nel cuscino, pare sia efficace contro l'insonnia. Anche le api adorano il suo polline e con esso producono un buonissimo miele.









Fico d'India

Lo sapevate che la pianta del fico d'India, della quale la nostra isola è la regina, può essere utilizzata non solo per il suo delizioso frutto? La foglia giovane del fico d'India, infatti, contiene tanta vitamina C e, privata di spine e buccia, può essere utilizzata per la cura di eritemi ed eczemi. Provate ad applicala direttamente sulla cute, strofinandola leggermente: vi accorgerete che dopo pochi attimi la pelle diventerà liscia, morbida ed incredibilmente idratata.
Si può utilizzare anche in campo alimentare: cruda come insalata o anche impastellata e fritta. Ed è davvero molto buona!

Maschera di bellezza

Per preparare una maschera di bellezza efficace e senza spendere nulla, vi occorre solo la pazienza per procurare gli ingredienti...a meno che siano già nel vostro giardino o nel vostro orto!
Ingredienti:
2 parti di rosmarino,
1 di elicriso,
1 di Maria Luisa,
1 di malva.

Procedimento
Pestare tutto al mortaio e aggiungrere gradatamente olio exra vergine di oliva.
Spalmare sul viso massaggiando delicatamente la cute e lasciare agire per un po'. Questa maschera è particolarmente indicata per le pelli secche e disidratate, ma può essere utilizzata da tutti ottenendo ottimi risultati sulla pelle. Se vi avanza parte della mistura, potete conservarla in un barattolo ermetico che dovrete tenere in un luogo fresco e asciutto e utilizzare nel giro di qualche giorno.

mercoledì 12 luglio 2017

Erbas e Perdas - Serramanna

Vi diamo il benvenuto nella nostra piccola comunità "Erbas e Perdas". Riscopriremo insieme un po' di quel passato che con il trascorrere dei secoli si è smarrito: le erbe spontanee ed i loro utilizzi, i siti archeologici della zona,i rituali e le feste dedicati alla dea madre, usi, tradizioni e quant'altro fa parte della cultura del nostro paese e della nostra isola.

Unguento autoprodotto

Fate fondere a bagnomaria 5 g di cera d’api.  Non appena la cera si è fusa del tutto aggiungete 60 g di oleolito a filo mescola...

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